Sintetismo

Il linguaggio ≪sintetista≫ deriva dalle ricerche compiute da Paul Gauguin e da Emile Bernard durante il loro soggiorno a Pont-Aven nell’estate del 1888. L’idea di ≪sintesi≫, nata da una corrente di pensiero che investiva anche la letteratura, era gia apparsa: sin dal 1886, a Pont-Aven, Gauguin parlava di ≪sintesi≫ e la parola veniva allora spesso impiegata nella letteratura simbolista. Il termine viene impiegato ufficialmente per la prima volta in occasione della mostra organizzata da Gauguin al caffe Volpini di Parigi, nel quadro dell’Esposizione Universale del 1889: Gruppo impressionista e sintetista. La scelta del titolo sembrava suddividere gli espositori, e infatti distingueva gli amici tuttora vicini all’impressionismo, come Guillaumin, Schuffenecker o Daniel de Monfreid, dal gruppo di Pont-Aven propriamente detto, cui poteva associarsi van Gogh. Gli schieramenti riguardavano soprattutto la concezione di sintesi plastica: sulle orme del cloisonnisme di Anquetin e di E. Bernard, M. Denis nel 1890 dichiara ≪Ricordare che un quadro, prima d’essere un cavallo di battaglia, una donna nuda o un qualsiasi aneddoto, e essenzialmente una superficie piana coperta di colori disposti in un certo ordine≫. Dopo le conversazioni con Emile Bernard dell’agosto del 1888, Gauguin afferma: ≪L’arte e un’astrazione, traetela dalla natura sognando dinanzi ad essa≫. Si tratta, per lui, di attingere uno ≪stile moderno≫ mediante mezzi plastici volutamente semplificati, riducendo l’immagine a forme dai colori netti, contornati da un disegno unificatore che rifiuta sia la prospettiva che la profondita, sostituendovi un arabesco guidato unicamente dalle esigenze estetiche. L’esempio era dato dalle stampe giapponesi, dalle immagini di Epinal e dalle arti che Baudelaire, nel 1865, defini ≪barbare≫, primitive per la loro semplicita. Sono questi i termini della lezione che Gauguin fornisce a Serusier dipingendo Il Talismano e che questi trasmette ai nabis. La dimostrazione pittorica viene data nell’estate del 1888 da Emile Bernard con le Bretoni nella prateria (coll. priv.) e da Gauguin con la Lotta tra Giacobbe e l’angelo (Edimburgo, National Gallery). Il punto di vista della composizione, il gusto per la linea ornamentale, l’arbitrarieta dei colori inventati (la prateria rossa), l’assimilazione audace di un motivo di Hokusai, tutto contribuisce a fare del quadro un manifesto. ≪Io credo –dice Gauguin –di aver raggiunto una grande semplicita rustica e superstiziosa≫. L’artista, la cui ispirazione e allora permeata di religiosita, e che senza dubbio viene influenzato dalle idee preraffaellite, cerca infatti di fissare anche una sintesi spirituale che esprime un sincretismo piuttosto confuso, nel quale egli si attribuisce con compiacenza il ruolo di redentore umiliato, richiamando testi come il Sartor Resartus di Carlyle o il Paradiso perduto di Milton. Come i neoimpressionisti, ma seguendo una strada opposta, insieme a van Gogh riconosce ai colori un messaggio psichico specifico. Si comprende cosi che gli scrittori simbolisti vedessero in lui l’esponente principale del simbolismo in pittura. Durante i soggiorni in Bretagna, e in particolare quando si stabilisce a le Pouldu nel 1889-90, Gauguin manifesta l’impegno di abolire l’antica concezione di arti maggiori e minori per associare insieme pittura, scultura e incisione alle arti decorative, con un intento di sintesi tra tutte le arti. Tale concezione, ben presto rivendicata dai nabis e dall’Art Nouveau, e poi alla base degli sviluppi dell’arte del sec. XX.

(autore: Germain Viatte in Storia dell'arte Einaudi)

 

Gauguin, Visione del sermone (Lotta tra Giacobbe e l'angelo).jpg
Paul Gauguin (1848-1903): Visione del sermone (Lotta tra Giacobbe e l'angelo), 1888, olio su tela, cm. 72,2 x 91, Edinburgh, Scottish National Gallery