Denis, Maurice
La sua attività, prolungatasi per parecchi decenni attraverso tutta una sene di fasi stilistiche, ebbe inizio nell'ambiente di Pont-Aven, accanto a Gauguin; egli realizzò poi un importante gruppo di opere nella chiave intimistica dei nabis (del movimento fu anche uno dei maggiori teorici); il suo avvicinamento a Cézanne, che fu tra i primi a valutare positivamente, spiega come più tardi, in certa sua produzione, egli si volgesse verso il « quadro-oggetto » proposto dai cubisti. Tutta la produzione giovanile di Denis (Petite fille en robe rouge, 1899 ca, Losanna, Coll. N. Josefowitz; Ritratto di Dom Verkade, 1906, Parigi, Mus. Nat. d'Art Mod.) spicca per l'originalità grafica e per l'accentuato impiego simbolico del colore, mentre sin dai primi anni il pittore, attraverso diversi scritti, espresse forti interessi teorici (a lui per esempio risale una celebre formulazione, in cui si è voluto leggere l'intero programma della pittura moderna: « ricordarsi che un quadro prima d'essere un cavallo da battaglia, una donna nuda, un qualsiasi aneddoto, è essenzialmente una superficie piana di colori accostati secondo un certo ordine »). Più tardi, influenzato da Puvis de Chavannes e dall'arte rinascimentale italiana, Denis si volse alla grande pittura murale (soffitto del teatro dei Champs Elysées, 1913). Alla nuova maniera associò una posizione teorica che rivalutava il significato religioso e sociale della pittura nell'ambito di posizioni cattoliche e spiritualistiche e in una direzione accentuatamente simbolistica. Alla debolezza ideologica, tuttavia, non sempre si associò il decadimento formale: a Denis restò sempre un certo primato, oggi nuovamente riconosciuto dalla critica, di invenzione e di composizione grafica.
(fonte: Enciclopedia Europea Garzanti)
Maurice Denis, entrò a diciassette anni nell’Académie Julian per prepararsi all’ammissione all’Ecole des beaux-arts; sin dall’ottobre dell’anno seguente (1888) partecipò alla formazione del gruppo dei Nabis. Paul Sérusier, che aveva appena trascorso l’estate presso Gauguin in Bretagna, ne aveva riportato il famoso Talismano (quadretto eseguito sotto la direzione di Gauguin: Parigi, Musée d'Orsay) e diffondeva nel gruppo le concezioni estetiche del maestro di Pont-Aven. Fu però Denis, il piú giovane di tutti ma il piú dotato per la speculazione e l’espressione letteraria, che pubblicò il primo manifesto dello stile nabi, derivante dalle idee di Pont-Aven: Definition du Néo-Traditionnisme («Art et critique», agosto 1890), nel quale enunciava in particolare una formula celebre nella storia della pittura moderna: «Ricordare che un quadro, prima d’essere un cavallo da battaglia, una donna nuda o un qualsivoglia aneddoto, è essenzialmente una superficie piana coperta da colori messi insieme in un determinato ordine». L’artista giustifica bene in quel periodo il soprannome, datogli dagli amici, di «Nabi dalle belle icone», per il carattere semplificato e leggermente arcaicizzante della sua pittura; che, da un lato, si riferisce piú che ai giapponesi (come fa talvolta, per esempio, Bonnard) ai «primitivi» italiani in particolare all’Angelico, dall’altro manifesta una predilezione per i temi religiosi e l’esaltazione della famiglia cristiana (Denis ebbe otto figli dalle due successive mogli): il Mistero cattolico (1889: Svizzera, coll. Poncet), Processione (1892: New York, coll. A. G. Altschul), Mattina di Pasqua (1893: Rouen, coll. priv.), Visita alla puerpera (1895: Parigi, coll. priv.), i Pellegrini ad Emmaus (1895: Saint-Germain-en-Laye, Priorato). Prendeva spesso a modello la moglie (Marta al pianoforte, 1891: ivi) e la famiglia (Sinite Parvulos, 1900: Neuss, Clemens Sels Museum). Dopo una breve fase divisionista adottò una pittura chiara, priva di modellato e dai ritmi ondulati, che lo avvicina all’Art Nouveau. Eseguí parallelamente illustrazioni a carattere simbolista per Sagesse di Verlaine (1889), Le Voyage d’Urien di Gide (trenta litografie, 1893), l’Imitazione di Cristo (115 legni editi da Vollard nel 1903), nonché i suoi primi grandi pannelli decorativi: le Muse (1893: Parigi, Musée d'Orsay). I viaggi in Italia (1895-98 e 1907) ne accrebbero l’ammirazione per il Rinascimento, che toglierà alla sua pittura il carattere nabi e Art Nouveau per condurlo, a partire dal 1898, a vaste composizioni decorative come quelle del Teatro degli Champs-Elysées (1913), a uno stile di tradizione classica.
Fondò nel 1919, con Rouault e Desvallières, le officine d’arte sacra. Fu eccellente critico, i suoi articoli sono raccolti sotto titoli che ne definiscono bene le direzioni estetiche: Théorie, Du symbolisme et de Gauguin vers un nouvel ordre classique (1912), Nouvelles Théories sur l’art moderne, sur l’Art sacré (1922), Charmes et leçons de l’Italie (1933), Histoire de l’art religieux (1939). I tre tomi del suo diario sono stati editi tra il 1957 e il 1959 a Parigi. Il Musée d'Orsay di Parigi conserva molti suoi dipinti, in particolare l’Omaggio a Cézanne (1900). È aperto dal 1980 al priorato di Saint- Germain-en-Laye, dove lavorò a lungo, un museo contenente un complesso fondamentale di sue opere, donate dai figli, oltre a diverse opere simboliste e nabis. Tra le numerose decorazioni murali si possono citare quelle delle chiese (cappella della Sainte-Croix au Vésinet, 1898: in deposito a Parigi, Musée d'Orsay; cappella del Priorato; Saint-Louis de Vincennes; cappella dei francescani di Rouen; cappella della Clarté a Perros-Guirec, Sacré-Coeur di Saint-Ouen; Saint-Martin de Vienne; la chiesa del Saint-Esprit a Parigi; monastero di Lapoutroie in Alsazia; basilica di Thonon) quelle di dimore private: H. Lerolle, la sig.ra Chausson, D. Cochin, M. Rouché, M. Mutzenbecker a Wiesbaden, S. Morosov a Mosca (Storia di Psiche, 1908: Leningrado, Ermitage), G. Thomas, Ch. Stern, il principe di Wagram (L’âge d’or: conservato a Beauvais), M. Kapferer; e quelle di edifici pubblici (Parigi, Petit-Palais, Senato, palazzo di Chaillot; liceo Claude-Bernard a Auteuil; Ginevra, bit, palazzo della Società delle Nazioni). L’ultima sua opera illustrata, l’Annonce faite à Marie di Claudel, iniziata nel 1926, venne edita nel 1943.
(fonte: Françoise Cachin in Storia dell’arte Einaudi)