Zandomeneghi, Federico

Federico Zandomeneghi, Autoritratto, 1877-1878
Cognome: 
Zandomeneghi
Nome: 
Federico
Luogo di nascita: 
Venezia
Data di nascita: 
1841
Luogo di morte: 
Parigi
Data di morte: 
1917
Nazionalità: 
Italiana
Biografia: 

 

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Federico Zandomeneghi (Venezia, 2 giugno 1841 – Parigi, 31 dicembre 1917) proveniente da una famiglia di artisti (il padre e il nonno erano scultori canoviani), Zandomeneghi si iscrisse all’Accademia di Venezia nel 1856; la lasciò tre anni dopo per recarsi a Milano, da dove raggiunse i garibaldini in Sicilia. Tornato a Venezia nel 1862, fu arrestato, ma riuscí a fuggire a Firenze, dove rimase per quattro anni. Qui maturò le sue prime scelte artistiche (anche se il suo primo quadro, Il Palazzo Pretorio a Firenze, del 1865, non è esente da influssi romantici), frequentando il caffè Michelangelo e i macchiaioli, stringendo in particolare una profonda e duratura amicizia con Diego Martelli, ma anche con Fattori, Cabianca e Signorini, con cui mantenne i contatti anche in seguito. Tornato a Venezia nel 1886, continuò a sviluppare solo in parte le istanze macchiaiole, sempre improntate al tonalismo della tradizione veneta (Gli innamorati, 1866: coll. priv.; Una promessa, 1867), trattando anche le tematiche del verismo sociale in opere come Gli spazzini in campo San Rocco (1869) e soprattutto I poveri sui gradini del convento dell’Aracoeli in Roma (1872: Milano, GAM), acquistato dal governo italiano alla Promotrice veneziana. In questi anni Zandomeneghi si recò spesso a Firenze ed espose assiduamente alle Promotrici di Venezia e Milano sono di questo periodo il Bastimento sullo scalo (1869: Firenze, GAM), Diego Martelli nello studio (1870: ididem), Campagna romana (1873-1874) e Un mattino a Venezia (1873-74). Nel 1874 lasciò l’Italia per Parigi, alla ricerca di qualcosa di nuovo rispetto al panorama artistico italiano, che gli appariva statico, provinciale e privo di stimoli. Ambientarsi nella capitale francese non gli fu facile – come confessò a Diego Martelli – e certo i primi contatti con l’impressionismo lo lasciarono scettico. L’adesione a questa corrente non fu quindi immediata, soprattutto perché le opere impressioniste sembravano a Zandomeneghi troppo studiate, volutamente elitarie e in ultima analisi ripetitive. Scelse quindi, tra gli impressionisti, di accostarsi a coloro che piú sentiva vicini alle sue posizioni di realismo moderato, in primo luogo Degas, di cui divenne amico e grazie al quale espose alla mostra impressionista del 1879 (e poi a quelle del 1880, 1881, 1886 e 1889). Sono di questo periodo Le moulin de la Galette (1878), Sul divano (1878), il Ritratto di Diego Martelli (1879) e la Signora al balcone (1880). Conobbe anche Durand Ruel, che diventò il suo mercante e organizzò la prima personale di Zandomeneghi nel 1883, ma con cui ebbe sempre rapporti solo di carattere economico. Insoddisfatto dalla ripetitività degli impressionisti, intorno al 1890 si avvicinò al gruppo dei «dissidenti» pointillistes (Conversazione, 1890-95). Continuò a prediligere, come aveva fatto in Italia, la pittura di figura rispetto al paesaggio e alla natura morta, che trattò pochissimo, ma, col passare degli anni, divenne sempre piú parigino e sempre meno italiano, e incentrò la sua ricerca esclusivamente sul colore e sulla luce, finendo per rinnegare il suo passato verista. Perse cosí ogni legame con l’Italia, che, dal canto suo, dimostrò nel 1914 – anno in cui Vittorio Pica e Angelo Sommaruga organizzarono la prima personale di Zandomeneghi a Venezia – e per molto tempo ancora, di non saper comprendere l’arte di questo pittore troppo moderno.

(fonte: Valentina Castellani in Storia dell'arte Einaudi)

 


 

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Nato da famiglia di artisti (il padre e il nonno erano, a Venezia, rinomati scultori d'ispirazione canoviana), seguì presso l'Accademia la scuola di pittura sotto la guida di P. Molmenti e M. Grigoletti. Nel 1860, sfuggito alla coscrizione nell'esercito austriaco, prese parte all'impresa dei Mille, seguendo Garibaldi in Sicilia. Nel 1862 si trasferì a Firenze, dove strinse amicizia con V. Cabianca, F. Gioli e D. Martelli, ed entrò nel gruppo dei macchiaioli, del quale accolse ben presto la poetica: realismo dei soggetti, eliminazione del disegno e del chiaroscuro, costruzione dell'immagine mediante rapporti tonali e valori luministici (La lettrice, 1866, Venezia, coll. privata; Bastimento sullo scalo, 1869, e Diego Martelli allo scrittoio, 1870, Firenze, Galleria d'Arte Moderna). Tornato a Venezia nel 1866, mantenne i rapporti con il gruppo fiorentino sino al 1874 quando, partito per un viaggio di studio a Parigi, decise di stabilirsi nella capitale francese. Giuntovi nell'anno stesso della prima mostra collettiva degli impressionisti, si mostrò — caso singolare tra i macchiaioli — subito aperto alle nuove ricerche artistiche. In seguito diventò amico di C. Pissarro, A. Sisley, E. Degas e A. Renoir, e partecipò alle esposizioni del gruppo nel '79, '80, '81 e '86, legandosi alloro stesso mercante, P. Durand-Ruel, con un contratto esclusivo. Finì i suoi giorni disperando ormai di poter rientrare famoso in Italia dopo il fallimento dell'ultima occasione: la personale che il critico V. Pica gli allestì alla Biennale veneziana del 1914. Esponente, negli anni Sessanta, del movimento realista che faceva capo al Caffè Michelangelo, Zandomeneghi rimase tuttavia fedele al tonalismo veneto, caldo e delicato, della sua prima formazione, dando in alcuni casi anche prove di interessi più precisamente veristici (Gli spazzini in Campo San Rocco, 1869; I poveri sui gradini del convento dell'Ara Coeli, 1872, Milano, Galleria d'Arte Moderna, deposito). Nel successivo periodo parigino, pur accogliendo la lezione di Degas, specie nei « tagli », e di Renoir nei delicati accenti cromatici, non aderì mai completamente al puro cromatismo impressionista, mantenendosi ancorato a una salda plasticità, ottenuta attraverso una sorta di libero divisionismo fatto di pennellate sottili e filamentose o con tratteggi a pastello. Oltre che descrittore di « esterni » cittadini, fu anche pacato narratore degli interni del mondo borghese e soprattutto delle sue donne, sorprese, con dolce sensualità, negli atti più quotidiani (Place d'Anvers a Parigi, 1880, Piacenza, Galleria Ricci Oddi; Signora con ventaglio, Conversazione, 1890-95, Milano, coll. privata; Il ricciolo, Milano, Brera; Ascoltando la musica, 1900 ca, Milano, coll. privata).

(fonte: Enciclopedia Europea Garzanti)

 


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Federico Zandomeneghi, Al caffè