Spadini, Armando

Armando Spadini, Autoritratto, 1917
Cognome: 
Spadini
Nome: 
Armando
Luogo di nascita: 
Poggio Caiano (Firenze)
Data di nascita: 
1883
Luogo di morte: 
Roma
Data di morte: 
1925
Nazionalità: 
Italiana
Biografia: 

 

Armando Spadini, compie l’apprendistato artistico presso la bottega di ceramica dei fratelli Torelli, poi s’iscrive alla scuola libera del nudo dell’Accademia fiorentina. Qui, mentre si esercita diligentemente copiando dall’antico, conosce Fattori e frequenta De Carolis. Con le illustrazioni per la Divina Commedia ottiene nel 1902 il secondo premio di un concorso bandito da Alinari. L’anno successivo, De Carolis lo presenta a Papini, Prezzolini e Borgese.
Spadini collabora con le riviste «Leonardo» e «Hermes», per le quali fornisce illustrazioni e xilografie dagli echi preraffaelliti e liberty.
Nel 1909, al secondo tentativo, vince il concorso per il pensionato artistico e nell’aprile del ’10 si trasferisce a Roma con la moglie, Pasqualina Cervone, un’allieva di Fattori.
Quando Emilio Cecchi si trasferisce a Roma, Spadini rompe il suo isolamento e, tramite l’amico, entra in contatto con l’ambiente di letterati e artisti che si riuniscono al caffè Aragno. Intanto collabora con De Carolis alla decorazione di una serie di pannelli, a soggetto mitologico, destinati al Palazzo Kalinderu di Bucarest.
Nel ’13 espone alla prima mostra della Secessione romana (che in una sua sezione ospita alcuni quadri dei grandi maestri dell’impressionismo) e ripeterà l’esperienza nel ’15 e nel ’17.
Spadini dipinge en plein air e le opere di questi anni sono improntate a uno stile post-impressionista, con dinamici effetti cromatici e luminosi che hanno come punto di riferimento Renoir (Sul prato, 1912).
Durante la guerra dipinge di rado: è richiamato alle armi e non ha uno studio proprio, ma nel ’18 è presente alla IV mostra della Secessione romana che si tiene al casino Valadier. I suoi quarantacinque dipinti vengono stroncati da Roberto Melli che esalta invece la metafisica.
Spadini aderisce al gruppo della «Ronda», per la quale disegna anche il tamburino della copertina e si avvicina alle posizioni di Valori Plastici.
Nel ’20 espone a Milano con Carrà, Martini, De Chirico e conosce De Pisis, con il quale si recherà sui Colli Albani per dipingere alcuni paesaggi. Nello stesso anno rinuncia alla cattedra di belle arti vinta a Firenze ed esce la monografia che Ojetti gli ha dedicato.
Nel ’21 stipula un contratto con Malagodi (cedendo parte della sua produzione pittorica); Spadini si solleva dalle sue precarie condizioni economiche e prende in affitto uno studio all’Uccelliera di Villa Borghese.
Continua ad esporre con il gruppo di Valori Plastici e nel ’23 è nel comitato organizzatore della II Biennale di Roma. Compie una serie di studi per un ovale con Madonna e Bambino, utilizzando come modelli la moglie e i figli (Pasqualina, 1923). L’anno seguente allestisce un’intera sala alla Biennale di Venezia, ottenendo un grande successo.
Nel ’25 la sua nefrite si aggrava e Spadini muore improvvisamente.

(fonte: Arianna Di Genova in Storia dell’arte Einaudi)


 

Ritratto a figura intera di Armando SpadiniArmando Spadini, pittore, nato a Firenze il 29 luglio 1883, morto a Roma il 31 marzo 1925, non frequentò accademie, ma una scuola professionale; si occupò qualche tempo come pittore ceramista, e fu aiuto e collaboratore di A. de Karolis in lavori decorativi. Vinta la prova del Pensionato nazionale di pittura, nel 1910 si stabilì a Roma, dove rimase quasi sempre. Raramente soddisfatto della propria opera, poco partecipò ad esposizioni; finché, quasi alla vigilia della morte, fu rivelato dalla XIV Biennale di Venezia, 1924, con una cinquantina di dipinti. Gli ultimi anni furono penosissimi, ma ancor laboriosi e fruttuosi. Fu accademico di S. Luca. Suoi dipinti: nelle gallerie d'arte moderna di Roma, Firenze, Milano, Venezia; Museo del Lussemburgo a Parigi; museo di Lima; Palace of the Legion of Honour (S. Francisco di California), ecc.
La produzione, catalogata, dello Spadini comprende circa cinquecento dipinti; ai quali vanno aggiunte alcune centinaia di disegni, specialmente del tempo giovanile. Neanche sugl'inizî fiorentini si notano rapporti con il naturalismo d'impronta "macchiaiola" che tuttora vigeva in Toscana in forme di vario compromesso. La fase formativa dello Spadini, conclusa intorno al 1910, è piuttosto venezianeggiante e spagnoleggiante; annuncia, cioè, gl'ideali cui l'artista restò fedele tutta la vita: antesignano della ripresa tradizionale della pittura italiana negli ultimi decennî.
A Roma, ancora impegnato in vasti progetti compositivi (quale il primo Mosè ritrovato, 1911, coll. R. Bastianelli, Roma), lo Spadini cominciò ad essere sempre più attratto dal lavoro all'aria aperta; dal problema di legare figura e paese in effetti di violenta resa luminosa. È il suo periodo cosiddetto "impressionista" che nulla però ha che vedere con l'impressionismo francese. Tale periodo impressionista va fino circa al 1918; ed è frequente d'opere pregiate, anche se il pulviscolo solare talvolta sciama nel paesaggio, in contrasto con le figure trattate alla larga maniera veneta; e se il desiderio della luce s'esprime in una predilezione violacea e madreperlacea non sempre convincente, ma che tuttavia non degenera in manierismo.
A un diffuso apprezzamento dell'arte dello Spadini, nuoce che la quasi totalità dei lavori si trovi ancora in collezioni private. Soltanto in queste raccolte private si può rendersi conto dell'evoluzione dello Spadini Tipici della fase formativa: il Ritratto della madre, l'Autoritratto con la moglie (collezione Fiano, Roma) e il Cappello di paglia (già nella collezione Gualino, Torino).
Della seconda fase, che include circa metà della produzione complessiva, ci limitiamo a indicare: paesaggi con figure: Villa Borghese, Piazza del Popolo, Musica al Pincio (coll. Signorelli, Roma, soggetto quest'ultimo che più volte è stato ripreso dallo Spadini); Bimbi al sole, Conversazioni (collezione Fiano); e inoltre alcuni ritratti.
Per tutta la vita, il tema del Mosè ritrovato stimolò la fantasia dello Spadini; come quello che si prestava a fondere il leggendario e il familiare in un'azione di dignità classica, popolata di belle donne, su uno scenario d'alberi e d'acque. Continuamente lo Spadini elaborò questo tema; e l'affrontò; a tre riprese: nel primo Mosè già ricordato; in altra versione, distrutta nel 1925; infine nel Mosè (metri 2,67 × 2,13) ora alla Galleria d'arte moderna di Milano, tralasciato nel 1920 circa, e al quale s'accompagna, in varie collezioni, un'importantissima serie di studî, bozzetti e "modelli" di singole figure.
Se questo, rimasto incompiuto, è il dipinto più impegnativo e sudato dello Spadini, in altri, tra il 1918 e il 1925, appare luminosamente come egli si fosse ormai liberato da ogni eccesso e parzialità "impressionista", e avesse trovato nuova e austera armonia fra la semplicità dei mezzi espressivi, gl'intenti costruttivi e monumentali, la virile dolcezza dell'ispirazione. La tavolozza perde il violastro e metallizzato. Grigi argentei sommessi, rosa umidi e placidi si stendono e gonfiano, nei quali non più la luce si frange o si specchia, perché sono essi stessi ad emanare luce. Tutto è colato in una sostanza lieve e compatta, capace di ogni interpretazione dell'intima qualità delle cose, eppure omogenea e unitaria, come un nativo elemento. Lo schema formale, il riferimento figurativo, sono diventati la stessa fibra e inflessione della pennellata: una sorta di disegno molecolare e lievitante, dal quale la realtà sembra colta nella tranquilla e infinita palpitazione del suo assiduo formarsi.
Si vedano, di questi anni gloriosi: alcuni grandi Nudi muliebri (coll. Fiano, coll. Gualino); il Ritratto di Maria piccola (coll. Fiano); la Macchina da cucire (coll. Gualino), il Tobiolo (già coll. Malagodi, Roma) e varie composizioni di Bagnanti. Non è azzardato pensare che in tali dipinti, benché in tutt'altra sfera estetica, lo Spadini debba essere considerato, con A. Mancini, il più forte temperamento pittorico sorto in Italia dopo la fine del sec. XVIII; e di lui si potrebbe dire anche più, se non gli avesse troncato l'opera la morte precoce.


Bibliografia:

  • A. S., 16 tavole con prefazione di U. Ojetti, Roma 1920.
  • A. Baldini, E. Cecchi e C. E. Oppo, A. S., Roma 1924.
  • A. Colasanti, A. S., con 48 tavole, Roma 1925.
  • V. Mariani, A. S. disegnatore, in Boll. Min. pubbl. istr., sett. 1925.
  • A. Soffici, S., con 38 tavole, Roma 1926 (i dipinti riprodotti furono indicati dallo S. stesso, nell'inverno 1924-1925).
  • A. Venturi e E. Cecchi, A. S., con 256 tavv., Milano 1927.
  • M. Tinti, A. S., ivi 1928.
  • Scelta di lettere e appunti in N. Antol., 16 febbraio 1934.
  • E. Cecchi, Carattere di Spadini, ibid., 1° agosto 1934.

(fonte: Emilio Cecchi in Enciclopedia Italiana Treccani, 1936)