Scuola grigia
Cenacolo del paesismo verista in Liguria negli anni Sessanta dell’Ottocento, la cosiddetta Scuola grigia rappresenta un momento di grande importanza nel rinnovamento della pittura italiana, parallelamente alle coeve scuola toscana, piemontese e napoletana. Accomunati dalla volontà di superare nella resa del paesaggio l’accademismo e il romanticismo, si raccolgono intorno a E. Rayper il ligure A. Issel, il portoghese A. D’Andrade e lo spagnolo S. De Avendaño. Nel 1863 Rayper e D’Andrade si recano insieme a Carcare: è l’inizio delle sedute en plein air condivise ogni estate a Carcare (incontri ricordati da A. G. Barrili nel romanzo Amori alla macchia); d’inverno essi si ritrovano a Genova, nel Palazzetto Doria. Segue da vicino il gruppo il piú anziano Tammar Luxoro il quale, orientandosi verso il verismo dopo un’iniziale approccio romantico al paesaggio, comunica ai «grigi» l’ammirazione per Corot e Daubigny, per Fontanesi e per i toscani, presenti a Genova sin dalla prima esposizione della Promotrice (1850): tra i primi ad approdare in Liguria è De Tivoli, nel 1856 Signorini. Alla Promotrice del 1861, accanto a Rayper, espongono Abbati, Signorini, De Tivoli, Lega. È su queste basi che si costituisce la scuola grigia, in rapporti costanti con Firenze, la cui denominazione si basa su quel ton gris, del quale si parlava a Parigi e del quale, a detta del critico Martelli (1895), Altamura riferiva come si conseguisse attraverso l’uso di uno «specchio nero, che decolorando il variopinto aspetto della natura permette di afferrare piú prontamente la totalità del chiaroscuro, la macchia». Se anche per i «grigi» lo studio ginevrino di Calame è un passaggio obbligato, l’influsso di quest’ultimo è ben presto superato per un’adozione di un linguaggio piú diretto, attento al «vero» naturale, mediato dalla conoscenza del linguaggio fontanesiano, dal rapporto coi macchiaioli, dalle opere della scuola di Barbizon, di Corot e di Daubigny e viste all’Esposizione Universale di Parigi del 1855 e ancora dai viaggi nel Delfinato, dove sono attivi pittori lionesi e ginevrini. Essi scelgono una tavolozza chiara, luminosa e impiegata con attenzione ai rapporti tonali e alla resa delle variazioni atmosferiche. De Avendaño, stabilitosi definitivamente in Liguria nel 1866, ricerca finezze luministiche in paesaggi dai colori quasi smaltati (En la Ria de Vigo, 1872: Torino, Galleria Civica di Arte Moderna); così Rayper, dopo un viaggio in Toscana, abbandona ogni residuo sentimentale per approdare, come D’Andrade, a una visione del tutto improntata al vero, con ricerche luministe particolarmente suggestive. Verso la fine degli anni Sessanta le esperienze dei «grigi» si vengono a saldare con quelle dei rinnovatori piemontesi confluiti nella «scuola di Rivara »: insieme si trovano a dipingere a Rivara ed espongono regolarmente alle Promotrici di Torino e di Genova. Nel 1870 i «grigi» ottengono all’Esposizione di Parma un notevole successo (grazie anche al giudizio favorevole di Signorini): nel 1874 Luxoro, sostenuto da D’Andrade, insegnanti entrambi all’Accademia Ligustica, ottiene che sia istituita, presso la stessa Accademia, una Scuola del paesaggio, di cui assume la cattedra. È ormai definitivamente vinto il fronte tradizionalista e accademico, rappresentato a Genova da personaggi come Isola, «fautore della grande pittura Storica e Sacra», come egli stesso si definisce, o lo storico Federico Alizeri. La morte prematura di Rayper (1873) e lo spostarsi degli interessi di D’Andrade all’archeologia medievale, alla tutela dei monumenti e alla didattica delle arti applicate finalizzata alla rinascita dell’industria artistica pone fine all’esperienza della scuola grigia, ma l’esigenza del vero era ormai diffusa anche in altri campi, come la scultura, che persegue il cosiddetto «realismo borghese», e la stessa pittura di storia, che accoglie al suo interno a partire dagli anni Sessanta istanze veristiche.
(fonte: Elisabetta Canestrini in Storia dell'Arte Einaudi)