Scuola di Resina

Scuola di Resina o «Repubblica di Portici», cosí ironicamente ribattezzata da Domenico Morelli, è la denominazione per un gruppo di giovani pittori che operarono a Resina e a Portici, presso Napoli – la cittadina di Resina è oggi inglobata nel comune di Ercolano –, dove Marco De Gregorio (Napoli 1829-76), guida della nuova compagine, aveva preso, già nel 1858, una casa-studio in alcune stanze dell’ex Palazzo Reale. Il termine «scuola» è in realtà alquanto approssimativo trattandosi di una libera unione di pittori i cui contorni e risvolti artistici sono tuttora vaghi e imprecisi; manca anche una approfondita ricerca storico-critica che attribuisca al fenomeno la sua giusta importanza nel panorama napoletano del secondo Ottocento. L’intento degli artisti fu dichiaratamente antiaccademico e tutto a favore di una pittura di paesaggio, all’aria aperta, secondo i prin- cipî del vero e in polemica con l’abuso dei soggetti storici e letterari di cui si nutrivano largamente il Morelli e i suoi seguaci. L’attività della Scuola di Resina fu di breve durata, dal 1863 circa al 1867 circa, cioè dall’arrivo di Adriano Cecioni, vincitore di un pensionato a Napoli, alla partenza di Giuseppe De Nittis per Parigi. I due artisti, insieme con De Gregorio, furono i componenti piú rappresentativi del gruppo e ne costituirono anche i due poli di tensione. Cecioni, mente teorica e programmatica, fu l’importante tramite dello scambio di idee fra i macchiaioli toscani e i pittori napoletani. Egli si considerò anche lo scopritore e il tutore del giovanissimo De Nittis, grande talento versatile che negli anni porticesi aveva eseguito una serie di paesaggi curati in tutti i particolari e immersi in una luce limpida e tersa; la stessa luce poi e lo stesso impianto, prevalentemente disegnativo, ritroviamo nelle opere di De Gregorio di quel periodo, piú indirizzate però verso la rappresentazione del paesaggio urbano e della vita quotidiana nel paese.
Gli altri membri generalmente inclusi nel nucleo della «Repubblica di Portici» sono Federico Rossano (Napoli 1835-1912) e Antonino Leto (Monreale 1844 - Capri 1913), il siciliano del gruppo. L’inserimento di Alceste Campriani (Terni 1848 - Napoli 1933), proposto dai curatori della storica mostra napoletana Giuseppe De Nittis e i Pittori della Scuola di Resina (1963), appare oggi piuttosto problematico, tenendo conto anche del fatto che Campriani era allora solo un adolescente e non certo dotato di un talento precoce.
Il divario tra i critici circa la composizione e la consistenza del gruppo è di vecchia data e risale a Salvatore Di Giacomo, che elencò tra i fondatori anche Michele Tedesco e Raffaele Belliazzi. In seguito il cerchio fu ancora piú allargato, tirando in ballo i vari Francesco Netti, Achille Vertunni, Eduardo Dalbono e un po’ tutti quelli che non si erano allineati con la posizione morelliana. È evidente che questa situazione, estremamente fluttuante, non ha giovato, anzi ha nociuto, a una piú precisa definizione della Scuola di Resina e della sua poetica. In quest’ottica valgono forse ancora oggi – con qualche riserva per quanto riguarda il ruolo dominante di Cecioni – le parole di un critico del tempo, Diego Martelli, che cosí ha caratterizzato il gruppo: «[Cecioni] fatta lega con Marco De Gregorio, Giuseppe De Nittis e Federico Rossano, costituì con essi una camerata di radicali in arte, che nessuna autorità riconoscendo, disprezzando tutto quanto poteva procurar loro benessere, con le concessioni fatte alla moda, si deliziarono delle intime soddisfazioni che procura ai veri artisti, in comunione d’idee, la osservazione attenta della natura, il fantasticare quotidiano e continuo su tutti gli effetti e su tutte le forme dell’avvicendarsi continuo delle immagini della vita».

(fonte: Christine Farese Sperken in Storia dell’arte Einaudi)