Puvis de Chavannes, Pierre
Pierre Puvis de Chavannes, pittore, nato a Lione il 14 dicembre 1824, morto a Parigi il 24 ottobre 1898, era stato destinato dal padre all'École polytechnique, ma un viaggio che fece in Italia decise della sua vocazione; gli affreschi di Giotto all'Arena di Padova l'orientarono verso la grande pittura decorativa.
Lavorò per alcuni giorni nello studio di E. Delacroix, per alcuni mesi in quello del Couture, ma l'influsso decisivo su di lui fu esercitato dallo Chassériau che aveva appena terminato la decorazione della Corte dei conti.
Ricevette la prima ordinazione nel 1860. Le sue grandi tele Concordia et Bellum, esposte al Salon del 1861, furono acquistate dal Museo di Piccardia ad Amiens.
La critica, rappresentata da Charles Blanc, Castagnary, Timbal, gli fu e gli rimase a lungo nettamente ostile, rimproverandogli il colorito spento, pallido, esangue delle sue composizioni e il disegno incerto delle figure. Lo compresero meglio Théophile Gautier, Paul de Saint-Victor, Th. de Banville; sembra tuttavia che nessuno vedesse in Puvis de Chavannes l'artista destinato a risuscitare la grande pittura decorativa, ottenendo con la tecnica ad olio su tela gli effetti che, in passato, i decoratori chiedevano all'affresco.
Fin dall'Ave Picardia nutrix, acquistata dalla città d'Amiens per il pianerottolo della scala del Museo, la maniera del pittore è stabilita. Semplicità e chiarezza del simbolo, sobrietà della gamma di colori con predominio di azzurri e di malva delicatissimi. Se per Amiens il pittore evocò la Piccardia con la sua atmosfera, a Marsiglia mise di fronte Marsiglia colonia greca e Marsiglia porta dell'Oriente (1869). Alla nativa Lione consacrò una delle sue più belle opere: la composizione in forma di trittico ha per soggetto la glorificazione della poesia. Al centro Il bosco sacro caro alle Arti e alle Muse, incorniciato dalla Visione antica e dall'Ispirazione cristiana (1883). A Parigi l'artista dipinse nel grande anfiteatro della Sorbona un'Allegoria delle lettere, delle scienze e delle arti raggruppate intorno all'Alma Mater in un magnifico paesaggio (1884). Dal 1889 al 1893 decorò il Municipio con le composizioni dell'Estate e dell'Inverno.
Nel 1890, eletto presidente della Società nazionale delle belle arti, Puvis de Chavannes dipinse per il Museo di Rouen la tela intitolata Inter Artes et Naturam, poema a glorificazione della grassa Normandia.
La consacrazione ufficiale dell'estero gli giunse con l'incarico di dipingere la decorazione per la scala della biblioteca di Boston. Fedele fino all'ultimo all'allegoria, il pittore riprese per quest'opera il tema delle Muse circondate dalle lettere e dalle scienze.
Puvis de Chavannes dipinse tuttavia anche alcuni quadri di cavalletto: L'autunno (Museo di Lione); Povero pescatore (Louvre); Il sonno (Museo di Lilla); La speranza (collezione privata).
Infine nel 1898, sebbene vecchio e malato, l'artista trovò ancora la forza di terminare per il Pantheon le tele consacrate alla vita di S. Genoveffa; ai pannelli con l'infanzia della Santa aggiunse allora le tele che rappresentano S. Genoveffa in atto di vegliare su Parigi e di rifornire di viveri la città. Fu la sua ultima opera; fu decoratore sino alla fine fedele alla sua concezione rivoluzionaria di una pittura murale che evocasse l'affresco. Il suo influsso è sensibile anche ai nostri giorni, su tutto un gruppo di pittori decoratori.
(fonte: Y. Obriot - Enciclopedia Italiana [1935])
Pierre Puvis de Chavannes, di famiglia borghese, ebbe una solida educazione classica. Attratto dalla pittura, trascorse un anno nello studio di Henri Scheffer ma scoprì la propria vocazione viaggiando in Italia in compagnia di Bauderon de Vermeron.
Questi lo presentò a Delacroix che lo accolse a Parigi tra i suoi allievi. Il maestro sciolse però il proprio studio qualche settimana dopo e Puvis studiò vari mesi presso Couture stabilendosi poi, nel 1852, in un proprio studio in Place Pigalle.
Tale formazione eclettica si riscontra nelle prime opere: i ritratti hanno i colori scuri di Couture, le tele romantiche esibiscono gli azzurri e i rossi intensi di Delacroix (Jean Cavalier al capezzale della madre morente, 1851: Museo di Lione), mentre alcune scene di genere toccano il patetico espressionismo di Daumier (La lezione di lettura: Brouchy, Saône-et-Loir, coll. priv.).
La sua grande ammirazione per Chassériau, i cui affreschi alla Corte dei conti lo orientano verso l’arte decorativa murale, fa sì che nel 1854 realizzi il suo primo complesso decorativo: Il ritorno del figliol prodigo e Le Quattro Stagioni per la sala da pranzo del fratello a Brouchy.
Durante questo periodo le sue opere vennero rifiutate otto volte al Salon e la partecipazione alla mostra delle Galeries Bonne Nouvelle lo rese oggetto di sarcasmo. Senza scoraggiarsi, presenta al Salon del 1861 i grandi pannelli Concordia e Bellum, che vennero accettati.
La Pace era già stata acquistata dallo Stato per il Museo di Amiens e il pittore realizza immediatamente il pendant seguito, due anni dopo, da Il Lavoro e Il Riposo. Per completare il ciclo, esegue poi Ave Picardia nutrix (1865), inno ai tesori campestri della vecchia provincia, e Ludus pro patria (1880-82), canto della virilità e del coraggio sereno, nel quale fugacemente rievoca l’amore fiero, l’infanzia felice e la raccolta vecchiaia.
Per il Palazzo Longchamp a Marsiglia realizza due rievocazioni della città focese: Massilia, colonia greca e Marsiglia, porto dell’Oriente (1869).
Nel 1874, per il municipio di Poitiers, Puvis esegue nuove decorazioni che per la prima volta affrontano temi religiosi: Carlo Martello salva la cristianità con la vittoria sui Saraceni e Santa Redegonda ascolta una lettura del poeta Fortunat che esprimono la comprensione laica per le virtù medievali.
Davanti a queste opere cosí innovative la critica reagisce vigorosamente: alcuni, come Charles Blanc, About e Castagnary gridarono all’imbrattatele, altri, come Delécluze, Théophile Gautier, Paul de Saint-Victor e Théodore de Banville le sostennero con entusiasmo.
Puvis mirò al raggiungimento del perfetto accordo tra la superficie piana e le sue composizioni decorative giocando sull’equilibrio delle masse, sull’arabesco della linea e sull’armonia chiaroscurata dei colori raddolciti. Adattava per queste vaste tele, applicate alla parete e trattate pittoricamente come tempere, la lezione degli affreschi di Giotto e del Quattrocento fiorentino. A questi anni risalgono le sue celebri decorazioni per il Museo di Lione, la Sorbona e il Panthéon.
Nel Bosco sacro caro ai poeti e alle Muse, commissionatogli nel 1883 dalla città di Lione per il Palazzo delle Arti, Puvis esprime le sue piú intime convinzioni: le Muse, ieratiche e tenere, affidano al poeta e all’artista adolescenti i segreti sublimi dello spirito. Il pittore completa questa delicata allegoria con la Visione antica, di una malinconica serenità, e con Ispirazione cristiana dove rende silenzioso omaggio all’Angelico. Per il grande anfiteatro della Sorbona sviluppa quel tema della cultura che già era affiorato nell’Inter artes et naturam (1890: Museo di Rouen). L’infanzia di santa Genoveffa, al Panthéon, commissionata nel 1874, è l’opera fondamentale della sua carriera. In questo vasto complesso decorativo accademico, dove la storia domina lo stile, si misura l’apporto veramente originale di Puvis che rinuncia all’aneddoto per lasciare alla parete tutto il suo ruolo. Il pittore, in queste tre opere, tocca una calma solennità, una semplice grazia che ne fanno il massimo decoratore della fine del sec. XIX, talvolta mescolando un poco di quell’emozione purificatrice che la natura ispirava a Rousseau.
Di fatto Puvis si rivela anche sensibile paesaggista: circonda le allegorie e gli idilli pastorali di paesaggi di praterie, valli e foreste che ricordano, poeticamente trascritte, le campagne dell’Île-de-France, le molli colline della Piccardia e le brume lionesi sugli stagni. Vi colloca, con grande esattezza d’osservazione, il contadino all’aratura, il boscaiolo con la sua famiglia e il pastore col gregge; non si tratta affatto di realismo sociale alla Courbet, ma piuttosto di una visione virgiliana del lavoro dei campi.
Per la casa del suo amico Bonnat dipinge Dolce Paese (1882: Museo di Bayonne), mentre in seguito per il municipio di Parigi esegue poemi naturalistici raffiguranti l’Estate (1891) e l’Inverno (1891-92).
Dopo le Muse ispiratrici acclamano il genio messaggero della luce (1894-96), grande complesso decorativo per la biblioteca pubblica di Boston, accetta l’incarico ufficiale per la decorazione del Pantheon con la seconda serie di soggetti illustranti la Vita di santa Genoveffa.
Profondamente colpito dalla morte della moglie, principessa Marie Cantacuzène, sua amica e ispiratrice di sempre che aveva sposato nel 1897, le sopravvisse di qualche mese per terminare Santa Genoveffa veglia su Parigi addormentata, ove la rappresenta in una composizione assai asciutta, in uno sfumato di azzurri e di grigi.
I numerosissimi disegni di Puvis sono conservati per la maggior parte nelle collezioni del Louvre e del Petit Palais a Parigi e del Museo di Lione. Si tratta unicamente di studi preparatori per le grandi decorazioni.
Anche autore di quadri da cavalletto spesso biasimati dai suoi ammiratori, come Albert Wolff, e curiosamente lodati da J.-K. Huysmans, che invece non apprezzava gli affreschi.
Accanto a qualche ritratto, di sobrietà già moderna (Ritratto di M.me Puvis de Chavannes, 1883: Museo di Lione), dipinge tele essenzialmente simboliste. Il Sonno (1867: Museo di Lille), l’Estate (1873: Museo di Chartres) non possiedono ancora la semplicità sintetica delle due versioni della Speranza (una al Louvre), tanto ingenue e fresche. Le Fanciulle in riva al mare (1879 ca.: ivi) stagliano contro un cielo di zolfo, un oceano infuriato e tra le brughiere, le loro figure elleniche, verticali o accosciate, mentre il Figliol prodigo (1879: Zurigo, coll. Bührle) esprime la miseria morale dell’uomo che è caduto rinunciando all’ideale.
Il Povero pescatore (1881: Parigi, Louvre), tra le opere piú controverse della sua carriera, appare come il primo manifesto del simbolismo francese e Picasso ne avvertirà direttamente il messaggio sia sul piano dello spirito che su quello della tecnica pittorica.
L’opera di Puvis ebbe grande risonanza tra i contemporanei che lo considerarono il maestro del simbolismo.
Docente coscienzioso, amato dagli allievi, non ebbe però discepoli di grande talento e Paul Baudoin, Ary Renan, Auguste Flameng sono da considerarsi puri epigoni.
Come stimato presidente della Société nationale des beaux-arts lasciò il segno nell’opera di Cormon e Ferdinand Humbert e influenzò profondamente non solo i pittori puramente simbolisti come René Ménard, Odilon Redon, il belga Mellery, il danese Hammershoï o lo svizzero Hodler, ma anche gli accademici convertiti come Henri Martin o Osbert. Persino i pittori piú lontani da interessi accademici e da incarichi ufficiali come Gauguin, Seurat, Maurice Denis e i Nabis, trovarono nelle sottigliezze rivoluzionarie dell’opera classica di Puvis il fermento delle loro audacie.
(fonte: Thérèse Burollet in Storia dell’arte Einaudi)