Paolo e Francesca
Mostre:
- Tra simbolismo e futurismo. Gaetano Previati, Ferrara, Castello Estense, 9 febbraio - 7 giugno 2020.
Note storico-critiche:
Per la tensione drammatica che lo percorre, il tema degli sventurati amanti tratto dal V Canto dell’Inferno dantesco si impone all’attenzione di Previati, sin dalla sua fase tardo-romantica legata al genere storico e all’influenza di Domenico Morelli e della scapigliatura milanese: con il dipinto del 1887 (Bergamo, Accademia Carrara) trova infatti una formulazione originale impostata su un’inquadratura allungata che mette in evidenza i corpi esanimi dei protagonisti uccisi. Il soggetto venne poi ripreso in un disegno esposto nel 1901 alla IV Biennale di Venezia (Tumiati 1901, p. 20), dove, in sintonia con la poetica simbolista, il registro narrativo si sposta sul piano allegorico della rappresentazione delle anime. Dall’evoluzione di questo impianto discende l’invenzione del dipinto presentato alla Biennale del 1909 e attualmente conservato a Ferrara, nel quale viene scartata ogni notazione descrittiva per evocare visivamente il tormento delle anime nel girone dei lussuriosi. Previati crea una visione immateriale, magmatica e potentemente evocativa, orchestrando un intreccio di forme disposte lungo una parabola ascendente con andamento a vortice che sembra propagarsi oltre il limite della cornice. Pennellate ondulate più chiare fanno appena emergere dall’atmosfera fosca i corpi concatenati, con un effetto di vibrazione luminosa che accentua la suggestione del movimento, mentre le dense ombre veicolano una forte carica drammatica: una tensione che appare sublimata in una sfera esistenziale per effetto della fusione smaterializzante tra le figure e lo sfondo. Reduce dalla decorazione della Sala della Musica per il mercante Alberto Grubicy e dalla produzione dei trittici del 1907, Previati conferma una consolidata capacità di riassumere in un’immagine epica e visionaria alcuni paradigmi della cultura simbolista e decadentista europea – in assonanza con l’estetica di Wagner, Baudelaire e Nietzsche – come l’equivalenza pittura-musica, il primato dell’immaginazione, la vertigine dell’immensità, il conflitto tra la luce e le tenebre e l’idea del fluire del tempo (Piantoni in Milano 1999, p. 44; Damigella 2007). Sono aspetti che indicano una significativa sintonia con le coeve ricerche di Umberto Boccioni, nella cruciale fase che precede l’elaborazione della poetica futurista in pittura (cfr. pp. 68-69). Al di là delle evidenti distanze, la storiografia ha più volte sottolineato le tangenze iconografiche e stilistiche del dipinto e di altre recenti opere del maestro ferrarese con Il sogno, dipinto da Boccioni attorno al 1908-09 e lasciato incompiuto, e con l’elaborazione della porzione sinistra della tela La città che sale, ascrivibile proprio al 1909 (Ginex in Milano 1999, pp. 69-75; Schiaffini 2002). Alla sua prima apparizione pubblica, nel 1909, Paolo e Francesca venne recensito sfavorevolmente da Vittorio Pica. Successivamente, venne esposto a Ferrara, nell’ambito della Mostra delle Bonifiche della primavera del 1910, ed allestito nel Salone d’onore della Pinacoteca, dove suscitò l’interesse della critica che ne caldeggiò l’acquisizione da parte della municipalità: a tal fine fu costituito un comitato, cui aderirono intellettuali come Tumiati e Marangoni, e vennero promosse varie iniziative di sottoscrizione popolare che permisero di reperire i fondi necessari all’acquisto (Scardino in Previati 1927 ed. 1993).
(fonte: Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea, Ferrara)