Klimt, Gustav

Gustav Klimt
Cognome: 
Klimt
Nome: 
Gustav
Luogo di nascita: 
Vienna
Data di nascita: 
1862
Luogo di morte: 
Vienna
Data di morte: 
1918
Nazionalità: 
Austriaca
Biografia: 

 

L’opera di Klimt Gustav Klimtha le sue radici nelle due tendenze della pittura austriaca della fine del XIX secolo: lo storicismo di Makart, Rhal, Canon e la pittura di paesaggio aperta alle suggestioni dell’«en plein air» impressionista. Klimt si formò alla Scuola di arti decorative di Vienna, dove fu allievo di Ferdinand Laufberger. Le sue prime opere (soffitti e quinte di teatro per Karlsbad, Reichenberg, Bucarest), sono da leggere in continuità con la tradizione accademica, tanto che l’illusionismo e la fedeltà fisiognomica – quasi fotografica – del suo naturalismo vengono generalmente considerati una diretta derivazione dello stile di Makart. Nel 1885, insieme al fratello Ernst ed al compagno d’accademia Matsch, decora i soffitti dei due grandi scaloni del Burgtheater di Vienna con illustrazioni della storia del teatro (l’opera decorativa era stata lasciata incompiuta da Makart). Nel 1890-91, decora i pennacchi del Kunsthistorisches Museum (decorazione anch’essa lasciata interrotta da Makart), con allegorie che rilevano tratti fondamentali dello stile di Klimt: la definizione del contorno, ed un esplicito gusto ornamentale che richiama l’opera di Khnopff. Venne poi incaricato di dipingere due sovrappone per una delle sale di musica del palazzo appartenente al mecenate Nicolaus Dumba: Allegoria della musica e Schubert al pianoforte (1898-99). Qui l’effetto tradizionale di chiaroscuro tende a scomparire per cedere il posto, in Musica, ad una luce neutra e senza ombre. I profili delicati, dai contorni leggeri eppur saldi sono elementi compositivi costanti nell’opera di Klimt, e le medesime caratteristiche si ritrovano nel Ritratto di Sonja Knips (1898: Vienna, Österreichische Galerie), in cui si manifesta un altro elemento specifico dell’arte di Klimt: l’impaginazione asimmetrica, che risente dell’influsso dell’arte giapponese. Questi diversi lavori sono già rappresentativi dello spirito della Secessione, ed attestano l’importanza dell’artista in seno a questo movimento di cui fu il primo presidente (1897- 1905); l’artista collaborò anche a “Ver Sacrum” nel 1908, rivista aperta ai principali rappresentanti del simbolismo (Beardsley, Burne-Jones, Puvis de Chavannes). All’inizio del 900, Klimt ebbe l’incarico di eseguire tre dipinti per il salone delle feste dell’Università: la Filosofia, la Medicina, la Giurisprudenza; i bozzetti vennero modificati a più riprese fino al 1907, data del loro completamento. La carica erotica e la raffigurazione di una umanità dolente che ne permeava l’opera, con il conseguente annebbiamento dei valori “positivi” della scienza e della ragione che le allegorie avrebbero dovuto esaltare, suscitò scandalo e vivaci polemiche tanto che l’artista dovette ritirare i dipinti (distrutti nel 1945; studi all’Albertina di Vienna). La composizione asimmetrica viene ripresa nelle allegorie della Filosofia e della Mediana, il cui formato ben corrisponde all’effetto perseguito; la massa compatta di corpi umani è tagliata dal margine della composizione; la traduzione illusionistica dei corpi e della luce, dai colori leggermente spenti, raggiunge qui risultati di raro virtuosismo. Tra il 1900 ed il 1903, nella Giurisprudenza, l’artista chiarifica il suo orientamento stilistico abbandonando la commistione di elementi decorativi e dettagli illusionistici che dominava i precedenti bozzetti; in quest’ultimo progetto, l’immagine è costruita come un incastro musivo di linee e colori che nega ogni effetto di profondità ed atmosfera, accentuando il carattere bidimensionale della superficie. L’arabesco curvilineo, come capacità di definizione della superficie tramite i valori lineari, diverrà per Klimt il mezzo espressivo essenziale, in sintonia con le opere di Toroop e con gli intrecci ornamentali dello Jugendstil. Questo nuovo orientamento lineare caratterizza anche le sue due ultime opere murali: il Fregio di Beethoven, destinato all’edificio della Secessione in occasione dell’inaugurazione della statua di Beethoven di Max Klinger (1902), ed il mosaico per la sala da pranzo di palazzo Stoclet a Bruxelles (1905-909 ca.). In queste due opere - fondamentali contributi dell’artista al rinnovamento dell’arte monumentale cui parteciparono a diverso titolo Gauguin, Munch, Toroop e Kodier - Klimt raggiunge una perfetta fusione tra pittura ed architettura attraverso il trattamento non illusivo della superficie che genera un ritmo immediatamente percepibile. Gli spazi vuoti si alternano ad effetti di denso affollamento (fregio di Beethoven), i contorni umani emergono appena dalla proGustav Klimtfusione di elementi ornamentali (fregio di palazzo Stoclet); soprattutto nel fregio di Bruxelles, attraverso l’uso di tecniche e materiali derivanti dall’arte applicata (oro, argento, mosaico), l’ornamentazione e la materia ricca e luminescente divengono centro tematico della composizione bruciando ogni residuo elemento naturalista. Il dissidio, presente nell’opera di Klimt, tra rappresentazione ed astrazione, tra organico ed inorganico, viene risolto nel processo di simbolizzazione dell’elemento decorativo sottolineato anche dalla scelta tematica. L’intensa esasperazione lirico decorativa della pittura monumentale s’incontra in tutta l’opera di Klimt, dalle tele come II bacio (1907-908: Vienna, Österreichische Galerie; La Speranza, 1903: Ottawa, National Gallery; Le tre età della vita, 1905: Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), ad alcuni ritratti (Fritza Riedler, 1906: Vienna, Österreichische Galerie; Adele Bloch-Bauer, 1907: ivi). Oltre ad un immenso numero di disegni e studi di grande interesse, l’artista affrontò la pittura di paesaggio nelle estati tra il 1900 ed il 1916. In partizione deliberata della superficie, l’asimmetria compositiva e l’intensificazione “molecolare” del particolare visivo attraverso l’uso di una tecnica simile al “pointillisme” di Seurat, esaltano la visione vitalistica ed interiore del soggetto naturale, tagliandolo fuori dal suo contesto spaziale. Klimt si pone in questo modo molto lontano dall’en plein air impressionista (Faggeto I, 1902: Dresda, gg; Der Park, prima del 1910: New York, moma), e pur dipingendo direttamente sul motivo, traduce nella rappresentazione del paesaggio lo stesso evolversi ritmico della materia pittorica e l’horror vacui delle sue allegorie. In alcuni grandi ritratti, come nell’opera del 1908 La Morte e la Vita (Vienna, coll. priv.) ripresa nel 1912, l’artista sostituì alla materia preziosa e lucente dell’oro un fondo di colore blu intenso, mentre parallelamente diede spazio alla qualità espressiva del colore. L’immagine, nei ritratti in piedi (Adele Bloch-Bauer II, 1912: Vienna, Museo del XX secolo; Baronessa Elisabeth Bachofen-Echt, 1914: Ginevra, coll. priv.; Friederike-Maria Beer, 1916: New York, coll. priv.; Mademoiselle Lieser, 1917-18: incompiuto, coll. priv.), è costruita su una rigorosa simmetria che conferisce ai personaggi un atteggiamento ieratico, mentre il colore è applicato per tocchi sempre più sfumati. Nella sua ultima produzione, l’artista si sforza di conciliare la tendenza all’ornamentazione astratta con l’affiorare di un’intensa percezione dell’elemento naturale, approfondendo la ricerca di un equilibrio tra istanze simboliche e natura. Negli ultimi paesaggi ad esempio, domina un senso di calma e di isolamento (Litzlbergerkeller am Attersee, 1915- 16: coll. priv.); il motivo del melo, tema che torna ben tre volte nell’opera di Klimt -1903 : Il melo dorato, distrutto nel 1945, caratterizzato da un’ornamentazione fitta e minuta che preannuncia l’Albero della vita di palazzo Stoclet; quello del 1912, Melo I, Vienna, Museo del XX secolo, immagine dalla struttura leggera e quasi fremente -, ne percorre anche i diversi periodi stilistici. Nel 1916, lo ripropone (Melo II, Vienna, Österreichische Galerie) come albero scuro dai colori cupi, che si erge davanti ad un viale di tronchi secchi. Il mutamento d’indirizzo dell’artista, d’altraparte, è ravvisabile nella trasformazione dei riferimenti allegorici e simbolici, in una poetica che assume toni sempre più ermetici e visionari (la Vergine, 1913: Praga, Galleria Nazionale; la Fidanzata, 1917-18: incompiuto, coll, priv.), mentre il carattere ornamentale si carica di dissonanze e si semplifica sotto la spinta espressiva come nella Madre e due bambini (1900-10 ca., coll. priv.) detta anche la Madre e gli emigranti, in cui le teste chiare dei tre personaggi addormentati, rannicchiati entro un’insondabile oscurità, offrono una visione di tragicità infinita. Ancora in dipinti come La Sposa (1917-18) o nel ritratto non finito di Johanna Staude (1917-18: Vienna, Österreichische Galerie), l’erotismo cupo del primo ed il ritratto realistico e non idealizzato del secondo, danno voce ad una nuova ed intensa visione del pittore che anticipa un’epoca nuova, quella di Kokoschka e di Schiele, la cui opera trova consonanza con la poetica di Klimt, loro maestro.

(fonte: Storia dell’arte Einaudi)

 


Gustav Klimt, Beethovenfries: "Die Sehnsucht nach dem Glück" (nach Richard Wagners Interpretation der IX. Sinfonie von Ludwig van Beethoven) | Fregio di Beethoven: “L’anelito della felicità” (dalla interpretazione di Richard Wagner della IX sinfonia di Ludwig van Beethoven), 1901
Gustav Klimt, Beethovenfries: "Die Sehnsucht nach dem Glück" (nach Richard Wagners Interpretation der IX. Sinfonie von Ludwig van Beethoven) | Fregio di Beethoven: “L’anelito della felicità” (dalla interpretazione di Richard Wagner della IX sinfonia di Ludwig van Beethoven), 1901, Pittura murale, Colori alla caseina, rilievi di stucco, pastello, applicazioni di vari materiali (vetro, madreperla, ecc.), rilievi di oro su malta, cm. 215 x 3414 (superfici dipinte), cm. 215 x 1392 (pareti laterali), cm. 215 x 630 (parete di fondo), Galerie Belvedere, Wien, Österreich Acquisto 1972, Inv. n. 5987, in prestito permanente alla Secession, Wien