Gelati, Lorenzo
Lorenzo Gelati nacque a Firenze il 26 gennaio 1824 da Giovanni e da Teresa Ciuti. Dall'atto di nascita si ricava che il padre era scultore mentre la madre lavorava come sarta.
Il Gelati abbandonò gli studi umanistici per dedicarsi alla pittura sotto la guida di Carlo Markò, stabilitosi a Firenze alla fine degli anni Trenta, da cui derivò l'impostazione accademica e l'esecuzione minuta proprie dei paesaggisti romantici. Nel 1847 esordì all'esposizione della Società promotrice di belle arti di Firenze presentando, tra l'altro, Calognole nel Mugello con cascate d'acqua e Motivo dal vero.
Non si conosce l'attuale ubicazione delle due opere, come di molti altri lavori con i quali l'artista, nel corso della sua carriera, prese parte assiduamente alle mostre della Promotrice fiorentina. Nelle varie edizioni della rassegna annuale il Gelati espose soprattutto vedute campestri e urbane eseguite principalmente nel capoluogo e in altre località toscane (il Mugello, il Valdarno, la Versilia, il Chianti), ma anche in Umbria (lago Trasimeno), in Romagna, nei dintorni di Roma e di La Spezia. Nel 1858, insieme con le consuete vedute (anche della Campagna romana), il Gelati presentò Interno di castello del Medioevo, memore della coeva pittura di Odoardo Borrani. Il Gelati fu altresì presente in altre manifestazioni artistiche locali, quali la rassegna annuale dell'Accademia di belle arti e le esposizioni della Società d'incoraggiamento delle belle arti.
Della medesima generazione dei macchiaioli storici, il Gelati fu, tra 1848 e 1855, uno degli animatori del caffè Michelangelo di Firenze, per il quale decorò una sala destinata agli artisti dipingendovi due affreschi, Tramonto e Ruderi con la luna (1852). All'incirca dal 1854, il Gelati frequentò e dipinse la campagna intorno a Staggia, nel Chianti senese, insieme con Serafino De Tivoli, i fratelli Carlo e Andrea Markò (figli del suo maestro e anch'essi pittori), Carlo Ademollo, Alessandro La Volpe, Saverio Altamura.
Tale esperienza significò la scelta precoce della pittura dal vero, nel contatto diretto con la natura, non più idealizzata romanticamente, bensì descritta fedelmente in quello che ha di peculiare e di caratteristico. Inoltre, l'uso della "macchia" fornì le premesse al rinnovamento della pittura di paesaggio, col rendere le immediate e fresche impressioni tratte da luoghi noti e con una sostanziale indifferenza per il contenuto emotivo. Tuttavia, il Gelati si tenne su posizioni tendenzialmente moderate e, per tutto il sesto decennio, le sue vedute oscillarono tra la visione tradizionale e l'attenzione verso la ricerca dei macchiaioli del caffè Michelangelo, precorrendone l'elaborazione teorica in taluni risultati e riflettendola in altri.
Già dai primi anni Cinquanta la ricerca pittorica del Gelati, distaccata dai temi e dai soggetti narrativi di impostazione classicheggiante, contribuì a trasformare la pittura di paesaggio in un'espressione d'arte autonoma resa per sintesi di luci e di forme (si veda il Paesaggio, dipinto a olio su cartone nel 1850, della Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti a Firenze). In nome di un'amorosa precisione oggettiva, espressa da una personale visione tersa e nitida, in toni flebili e pacati, il Gelati aderì, sia pure in maniera per lo più ideale e approssimativa, ai modi degli innovatori macchiaioli. Ma, se nei suoi primi lavori egli fu anticipatore di soluzioni pittoriche avanzate, dagli anni Settanta divenne imitatore. Questo limite del Gelati ha favorito la speculazione da parte del mercato attento alla pittura macchiaiola che, negli anni successivi alla morte dell'artista, ha spesso proposto suoi dipinti sotto i nomi di Raffaello Sernesi, Vincenzo Abbati o di Odoardo Borrani, depauperando in tal modo dei lavori migliori il catalogo - ancora in corso di definizione - del pittore.
Dal 1855 al 1865 il Gelati frequentò a Pistoia il salotto dell'ingegnere Francesco Bartolini e della moglie Louise Grace, irlandese, dove si riunivano G. Fattori, T. Signorini, S. De Tivoli, D. Morelli, E. Pollastrini, M. Gordigiani, G. Ciaranfi e i letterati G. Carducci, R. Fucini, A. Vannucci, F. Martini ed E. Nencioni, oltre a S. Ussi, cugino del Gelati e anch'egli pittore, che sembra abbia eseguito talvolta le figure nei quadri del Gelati e che, probabilmente, lo ritrasse nei panni del consigliere presente nella Cacciata del duca d'Atene (Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti).
Costanti furono i rapporti del Gelati con i macchiaioli: suoi dipinti figuravano nella raccolta Banti e nella collezione Martelli; nel 1860 si recò a Seravezza per dipingere insieme con Signorini, Vincenzo Cabianca e Cristiano Banti che ritornavano da La Spezia; svariate sembrano essere state le permanenze a Castiglioncello presso Diego Martelli fin dai primi anni Sessanta; nel 1872 incontrò Signorini, F. Zandomeneghi, Fattori e Borrani a Venezia.
Nel 1861 il dipinto del Gelati Le cave di monte Ripaldi, presentato a Firenze alla I Esposizione italiana, ottenne ammirazione generale e lodi nella recensione di P. Ferrigni (Yorick); Castello di Staggia - altro quadro esposto dall'artista per l'occasione, insieme con Veduta di Firenze fuori porta S. Niccolò - fu commentato favorevolmente sul giornale della mostra perché interpretazione delle novità stilistiche senza eccessi formali.
Nel 1867 l'artista fu premiato dalla Promotrice di Firenze e, nello stesso anno, riscosse encomi all'Esposizione triennale di belle arti di Bologna. Nel 1870 partecipò alla Mostra italiana di Parma con La villa Salviati presso Firenze e Il torrente Mugnone presso Firenze. Alla Promotrice di Torino del 1881 espose Vita di paese in Toscana, Un'impressione sull'Arno e San Terenzio presso La Spezia, forse lo stesso quadro presentato due anni dopo, insieme con Interno del refettorio dell'ex convento di S. Domenico in Fiesole, all'Esposizione di belle arti in Roma. Nel 1884, all'Esposizione nazionale industriale e artistica di Torino, prese parte invece con più opere, tra cui Il ponte Vecchio a Firenze.
Anche negli ultimi anni di vita si recò di frequente a dipingere in campagna; espose inoltre assiduamente alle Promotrici fiorentine.
Il Gelati morì a Firenze il 18 maggio 1899.
T. Signorini, nel suo Caricaturisti e caricaturati al Caffè Michelangelo, cita tra l'altro un disegno raffigurante il Gelati eseguito nel 1851 da Angelo Tricca, che lo ritrasse ancora in vecchiaia.
(fonte: Emanuela Bianchi in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53, 2000)