Dalbono, Edoardo

Ritratto fotografico di Edoardo Dalbono, 1885 circa
Cognome: 
Dalbono
Nome: 
Edoardo
Luogo di nascita: 
Napoli
Data di nascita: 
1841
Luogo di morte: 
Napoli
Data di morte: 
1915
Nazionalità: 
Italiana
Biografia: 

 

Edoardo Dalbono.pngEdoardo Dalbono nacque a Napoli, il 10 dicembre 1841 da Carlo Tito e da Virginia Carelli o Gatelli. Il padre e lo zio Cesare Dalbono furono letterati e critici d'arte e lo avviarono precocemente allo studio della letteratura, in particolare romantica, della musica, della storia antica, della storia del folclore. Nel 1850, durante un soggiorno a Roma, prese lezioni di disegno dall'incisore L. Marchetti. Ma i più produttivi insegnamenti di disegno elementare gli vennero dal pittore napoletano B. d'Elia, e più tardi da Nicola Palizzi, dai quali prese lezione presso i rispettivi studi privati. Le prime tracce di una formazione culturale insolitamente completa anche sotto il profilo letterario si scorgono nel tema del dipinto esposto nel 1859 alla Mostra di belle arti (la "Biennale Borbonica"); si tratta di un "paesaggio di composizione", premiato nel 1861 con una medaglia di argento di II classe: San Luigi re di Francia soffermatosi sotto di una quercia rende giustizia ad una famiglia che riverente a lui ricorre (oggi irreperibile). Alla stessa esposizione egli presentò anche Studio di un mulino, indizio certo che gli interessi del giovanissimo artista erano altresì orientati verso quella particolare accezione del paesaggismo espressa dalla "scuola di Posillipo", ed in particolare da Giacinto Gigante. Gli studiosi del Dalbono, impressionati dalla grande fortuna critica e mercantile delle sue opere più tarde, hanno trascurato la giovanile adesione al gusto paramacchiaiolo delle opere prodotte dalla scuola di Resina; ne resta testimonianza in numerosi piccoli studi di paesaggio vesuviano e di Terra di Lavoro, in alcune collezioni private napoletane, ma il miglior esempio è il gruppo di famiglia Sulla terrazza (Edoardo Dalbono(1).pngRoma, Galleria nazionale d'arte moderna), in cui il rapporto reale tra luce e figure è attentamente documentato, ed il pittore unisce l'interesse per la natura ed il paesaggio urbano (i tetti e le cupole di Napoli), con quello, di ascendenza tomiana, per personaggi della vita borghese ottecentesca. Attorno all'anno 1866 il Dalbono partecipò ad un concorso per la pittura storica con La scomunica di re Manfredi. L'opera fu esposta presso la Società promotrice di belle arti nel 1868, poi all'Esposizione nazionale di belle arti di Parma del 1870, dove vinse la medaglia d'oro. Nel 1871 espose'con grande successo presso la Società promotrice di belle arti di Napoli l'opera sua più famosa, La leggenda della Sirena (ovvero il mito di Partenope: Napoli, Gall. dell'Accad. di belle arti; oggi esposto al Museo naz. di S. Martino). Il dipinto fu destinato ad essere tradotto in incisione ad opera dell'incisore Francesco di Bartolo, per farne omaggio ai soci della Promotrice. Nel 1872 fu esposto a Milano, alla II Esposizione di belle arti, e nel 1873 a Vienna, alla Esposizione universale, dove fu premiato con medaglia di bronzo: fu questo il riconoscimento di una sintesi felice di buon disegno, equilibrata composizione, degna di un buon pittore di storia, piacevole e dorato colorismo degno di un epigono di M. Fortuny (che in quegli stessi anni si era stretto d'amicizia con i pittori della "scuola di Resina", soggiornando presso la reggia di Portici e dividendone le esperienze pittoriche). Giuseppe De Nittis presentò il Dalbono al mercante francese Goupil, per il quale lavorò certamente, con alterni soggiorni parigini, tra il 1878 e il 1882. Il Giannelli (1916) elenca quindici dipinti (tra cui numerosi acquerelli) eseguiti per il mercante francese, propulsore dell'arte pompier a discapito di quella degli impressionisti, e afferma che la produzione per Goupil è durata all'incirca nove anni, inducendo così nell'errore i più affrettati e superficiali biografi, che favoleggiano di un soggiorno parigino durato otto anni. La fortuna critica e mercantile del Dalbono fu definitivamente confermata da un altro dipinto, Il voto alla Madonna del Carmine, dal quale Goupil fece trarre una incisione da Varin. Secondo la tradizione, l'opera fu acquistata da un, collezionista americano; in ogni modo servì da spunto per una, vasta serie di repliche, sotto titoli come la Canzone del mare, Gitanti, Passeggiata a mare, tutte basate sull'arricchimento della formula decorativa e commerciale con elementi del folclore napoletano. L'elemento decorativo della pittura dalboniana fu estremamente valutato dai committenti e mecenati del tardo Ottocento napoletano, nell'epoca del risanamento della città e del rifacimento Edoardo Dalbono, Autoritrattoin stile neorinascimentale di palazzi ed interni aristocratici ed altoborghesi. Il Dalbono eseguì decorazioni, oggi distrutte, per palazzi e ville di Napoli oltre che tempere (tecnica decorativa da lui preferita all'affresco) per il teatro municipale di Salerno, decoranti la sala da ballo con simbologie delle quattro parti del mondo. Infine, tra le opere religiose, eseguì pale d'altare per la rinnovata chiesa di S. Maria di Piedigrotta a Napoli e per la chiesa parrocchiale di Gragnano. Altra attività fortunata e felice fu quella di illustratore, in particolare di avvenimenti di attualità, per l'Illustrazione italiana, edita a Milano dai fratelli Treves, e per la rivista parigina Le Grand monde. Ancora per Treves illustrò i volumi per l'infanzia Nel regno delle fate, di Cordelia, e Nonna Bianca di A. Berta, oltre all'opera di C. Del Balzo, Napoli e i Napoletani. Nel 1897 ebbe la cattedra di pittura presso il Real Istituto di belle arti di Napoli, e dal 1905 rivestì l'importante incarico di curatore della pinacoteca del Museo nazionale di Napoli (l'attuale quadreria del Museo nazionale di Capodimonte), incarico che assolse con attenzione ai nuclei di "capolavori" contenuti nelle collezioni farnesiane, a discapito delle panoramiche sulle scuole regionali. Nel 1906 fu presidente della commissione per il riordinamento della quadreria di palazzo Famese a Piacenza. Una serie di conferenze e di articoli del Dalbono furono raccolti da B. Croce insieme ad alcuni scritti di Domenico Morelli, generando in alcuni l'opinione che il Dalbono avesse avuto anche una attività di critico d'arte militante, opinione affatto immotivata (Domenico. Morelli Edoardo Dalbono, La scuola napoletana di pittura nel secolo XIX, a cura di B. Croce, Bari 1915). Il Dalbono morì a Napoli il 23 agosto 1915. Opere del Dalbono sono conservate, oltre che in collezioni private, nella galleria dell'Accademia di belle arti a Napoli, nella Galleria d'arte moderna di Milano, nella Pinacoteca provinciale di Bari, nel Civico Museo Revoltella di Trieste.

(fonte: Maria Antonietta Fusco in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31, 1985)