Bonnard, Pierre
Pierre Bonnard, di agiata famiglia borghese, cominciò a dipingere giovanissimo, in uno stile vicino a Corot, paesaggi del Delfinato (ove il padre possedeva una casa, nel villaggio di Le Grand-Lemps). Dopo eccellenti studi secondari e superiori, intraprese la carriera amministrativa, iscrivendosi nel contempo, nel 1887, all’Académie Julian. Qui conobbe Maurice Denis e Paul Ranson, con cui formò nel 1889, per influsso di Paul Sérusier (tornato da Pont-Aven convertito al sintetismo), e dopo che a loro si aggiunsero Vallotton, Vuillard e Maillol, il gruppo dei Nabis, che si presentano come “allievi di Gauguin” (M. Denis).
Come tutti gli “allievi di Gauguin”, egli “semplifica la linea ed esalta il colore” (al punto che un critico, in occasione della sua prima mostra, parla di “tachisme violento”), utilizza il colore puro invece del chiaroscuro, preferisce l’arabesco al modellato, non usa l’impianto prospettico tradizionale, componendo i diversi piani sulla superficie del quadro secondo un’impostazione prevalentemente decorativa (“Per tutta la vita, – dirà nel 1943 a George Besson, – ho oscillato tra l’intimismo e la decorazione”). Eseguì pannelli decorativi (Donne in giardino, 1891: coll. Mrs. Frank Jay Gould; le due Place Clichy, 1912 e 1928: Besançon, Musée des Beaux-Arts), e i suoi primi capolavori sono litografie a colori (Alcuni aspetti della vita di Parigi, pubblicati da Vollard nel 1899), paraventi, illustrazioni di libri (Dafne e Cloe, 1902; le Storie naturali di Jules Renard, 1904), manifesti (France-Champagne, 1891; la Revue blanche, 1894). In questa parte della sua opera Bonnard si rammenta delle stampe giapponesi (gli amici lo avevano soprannominato “Nabi trés japonard”), cui deve il gusto per alcuni motivi decorativi (fiorami di una stoffa, quadretti d’una tovaglia: Partita di croquet, 1892: Stati Uniti, coll. priv.; Tovaglia a quadretti rossi, 1910: Berna, coll. Hahnloser), per le prospettive dall’alto e i tagli imprevisti (la Portineria, 1908: coll. Bernheim-Jeune; il Cavallo da fiacre, 1895: Stati Uniti, coll. priv.). Dipinse numerose scene d’interni (Giovane donna con lampada, 1900: Berna, Kunstmuseum) e nudi, genere che affrontò intorno al 1900, forse per influsso di Degas, e di cui non cessò, fino al 1938, di esplorare tutte le possibilità. I primi nudi, scuri e di un’atmosfera piuttosto “fine secolo” (l’Indolente, 1899: Parigi, Louvre, Musée d’Art Moderne), cedono il posto verso il 1910 a “nudi alla toeletta” più chiari, più ampiamente trattati (Nudo in contro-luce, 1908: Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts); quando, tra le due guerre, le vasche sostituiscono le catinelle e i vasi d’acqua, si avrà la straordinaria serie dei “nudi al bagno”, forse i capolavori di Bonnard, la cui visione è sensibilissima all’inesauribile varietà dei riflessi e dei passaggi della luce nel colore (Nudo nella vasca, 1937: Parigi, Petit-Palais).
È nel tema del “nudo” che Bonnard scopre progressivamente il modellato, reintroduce la prospettiva e i piani in profondità (Specchio del gabinetto di toeletta, 1908: Mosca, Museo Pushkin), amplia la scena, schiarisce la tavolozza, fa circolare l’aria intorno ai corpi e agli oggetti, abbandonando il punto di vista strettamente colorista e ritrovando la luce impressionista. Nel 1912 aveva comperato una casetta, “Ma Roulotte “, a Vernon, dove aveva spesso occasione di vedere Monet, che abitava a Giverny; e nella sua opera penetra il paesaggio, prima prudentemente, attraverso una finestra, poi più ampiamente – benché Bonnard abbia sempre preferito l’universo chiuso del giardino ai vasti orizzonti – per espandersi in ampie composizioni (la Terrazza di Vernon, 1930 ca.: Stoccarda, Staatsgalerie). Come la maggior parte dei contemporanei, Bonnard attraversò un periodo di crisi e d’incertezza tra il 1914 e gli anni del dopoguerra. Crisi tanto più forte, poiché nel momento in cui Bonnard recuperava l’impressionismo, questo veniva criticato nei suoi assunti di fondo dall’elaborazione del cubismo e dei movimenti costruttivisti europei. Egli s’impegnò allora a riordinare la dispersione luminosa delle sue tele intorno a una solida struttura di piani obliqui in contrasto, come mostra il motivo della porta-finestra che compare sin dal 1913 nella Sala da pranzo di campagna (Minneapolis, Institute of Arts). All’indomani della guerra la crisi è superata in una serie di tele eseguite intorno al 1925: la Tavola e il Bagno (Londra, Tate Gallery), la Sala da pranzo (Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptotek,). Ormai Bonnard si limita a pochi temi: scene di giardino, colazioni, marine e numerosissime nature morte (il Manifesto rosso: Parigi, coll. priv.). Dal 1925 risiedette nel Mezzogiorno, ove aveva acquistato una casa a Le Cannet. Le tele degli anni 1930-40 sono in generale notevoli per l’intento monumentale, il carattere molto più libero della composizione, la ricchezza e la complessità, la stranezza talvolta del colore (Nudo davanti allo specchio, 1933: Venezia, Ca’ Pesaro; Interno bianco, 1933: Grenoble, Musée). La visione della natura assume in Bonnard una liricità quasi disordinata (il Giardino: Parigi, Petit-Palais), talvolta estatica (Mediterraneo, guazzo, 1941-44: Parigi, Musée National d’Art moderne), ma va scartata l’ipotesi di una “ultima maniera” di Bonnard, poiché la maggior parte delle tele del 1940-47, che si trovavano nel suo studio quando morì, erano in uno stato d’incompiutezza che non consente di giudicare le intenzioni del pittore.
(fonte: André Fermigier in Storia dell’arte Einaudi )